Intervista su pazienti.it – Narcisismo e amore: ecco cosa aspettarsi

Una mia intervista su pazienti.it

parte prima

Narcisismo e amore: ecco cosa aspettarsi

intervista a Omar Bellanova

Probabilmente, la prima cosa opportuna da fare quando si parla di narcisismo in ambito clinico e, quindi, di disturbo di personalità narcisistica (DPN), al fine di averne una chiara e puntuale comprensione, è prendere distanza da una divulgazione che ha reso di pubblico dominio vecchie teorie che oggi risultano del tutto sorpassate e obsolete, le quali portano spesso a utilizzare, in modo non sempre esatto, la definizione di narcisismo all’interno dell’esperienza quotidiana.

Nell’immaginario comune, pensando al narcisismo, è quasi automatica la tendenza a ricollegarsi al personaggio mitologico di Narciso, da cui la definizione stessa ha preso il nome, il quale visse talmente incentrato sulla propria bellezza da riuscire ad amare soltanto se stesso, finché di questo egocentrismo esasperato e solitario ne restò vittima, ma non prima di aver fatto soffrire chi avesse avuto in vita sua sventura di incontrarlo e innamorarsi di lui.

È sicuramente un facile luogo comune utilizzare l’aggettivo di narciso quando vogliamo descrivere e riassumere un nostro incontro con un “rappresentante” di questa figura mitologica: sarà sufficiente percepire una persona sicura di sé, che ama stare al centro dell’attenzione ritenendosi al di sopra degli altri, intrappolata in fantasie di grandezza e del tutto non disponibile su un piano emotivo, e avremo la certezza di aver di fronte un narcisista.

 Tuttavia, mi preme precisare che questa definizione, seppur non inesatta su un livello del tutto descrittivo e superficiale, coglie ben poco della vera essenza del narcisista, di ciò che oggi risulta dalle evidenze empiriche emerse dall’esperienza di chi si occupa da anni di questo particolare disturbo di personalità in contesti clinici, ciò che Giancarlo Dimaggio descrive nel suo libro “L’illusione del Narcisista” come “La malattia nella grande vita”.

Il sottile rancore con cui si scrutano gli altri colti nell’inaccortezza di non ammirarci e il disprezzo solenne con cui li si ripaga” è una sintesi puntuale che probabilmente ognuno di noi potrebbe facilmente sovrapporre al volto di un capoufficio, un conoscente, al nostro vicino di casa prepotente, al professore tanto odiato o ancor peggio a un partner che ci ha fatto tanto tribolare, arrivando a farci sentire inermi, non visti e svalutati.

Abbandonare le vecchie definizioni per seguire l’analisi proposta da Dimaggio nel suo libro ci permette di avere una reale percezione e comprensione del DPN. Cosa sicuramente necessaria per chi desidera clinicamente occuparsene, ma di certa convenienza per chi, più semplicemente, sente la necessità di riuscire a comprendere, gestire o ancor meglio tutelarsi quando entra in relazione con un possibile narcisista.

Diventa quindi opportuno sbirciare oltre agli aspetti finora conosciuti o legati a nostre personali visioni distillate dall’esperienza soggettiva. Vedremo anche come questo suggerimento verso una visone più ampia che intendo fornire, non tralascia assolutamente la descrizione che l’attuale DSM5 (il manuale diagnostico statistico per la classificazione dei disturbi psichiatrici) oggi ci fornisce, ma ne migliora la comprensione profonda. Lo scopo di tale ampliamento di prospettiva è di portarci a considerare che le “facce” del narcisismo possono essere molte di più, con la possibilità di oscillare dalla grandiosità alla vulnerabilità, dal carisma alla freddezza, ma tutte unite da una caratteristica fondamentale: il mondo sognato, i grandi obiettivi, le alte vette che non sono mai raggiunte fino in fondo o, ancora peggio, non rappresentano mai una situazione di vittoria e appagamento, ma solo un ennesimo gradino di una scala di insoddisfazione che rischia di essere percorsa all’infinito.

Per Kerneberg (1975, 1998) dietro l’arroganza e l’altezzosità del narcisista si nasconde un senso di fragilità, di vulnerabilità e di vuoto abissale, dove una maschera di onnipotenza ha il compito di tener nascosto un Sè trasbordante di invidia e vergogna. Il filone che in letteratura si sviluppa da Kohut (1971), invece, tende a considerare una maschera di vulnerabilità che resta indossata allo scopo di celare le fantasie grandiose della persona, la quale resta nell’attesa e nella speranza che qualcuno venga a scovare finalmente il suo essere speciale.

Per iniziare, quindi, a comprendere, partiamo dalla prima domanda che è utile farsi: perché il narcisista vive in questa infinita scalata alla vetta? “Sfuggire all’abisso” è la risposta che ci aiuterà a entrare in contatto con il suo mondo interno e iniziare a considerare tutti gli altri punti di vista necessari a una comprensione puntuale e profonda.

Come afferma Dimaggio, chi ha realmente avuto l’esperienza di incontrare dei narcisisti sicuramente può trovarsi nella posizione di descrivere la spiccata ambivalenza vissuta nei loro confronti, trovandosi a viverli come “déi” o come “mostri”, caratteristiche apparentemente inconciliabili tra loro, ma del tutto sintetizzate in un’unica persona.

Esiste una vasta ricchezza dei possibili stati mentali distinti con cui un narcisista è stato fino ad oggi descritto in letteratura, allo scopo di inquadrarlo e definirlo in vari sottotipi, ma a partire da Horowitz (1989) si sviluppa l’ipotesi più plausibile, ovvero che il tutto potrebbe essere riconducibile a una gamma di stati mentali complessa, esprimibile in vari momenti e situazioni di vita dallo stesso paziente. Tale ipotesi facilita il processo di comprensione e ci orienta a valutare che la presenza di un repertorio di oscillazioni osservabili appartiene a una personalità complessa e variegata di cui è giusto comprenderne l’essenza nucleare.

Cercherò di fornire una possibile sintesi di tale complesso aspetto della personalità tanto interessante.

(continua) nei prossimi posti

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